Questo lavoro segue il percorso iniziato con la levatrice, la maestra, la donna che si dedica alla terra e alla cura della famiglia, un percorso per dare voce a tutte coloro che ebbero un ruolo significativo nella comunità, nella convinzione che la memoria di genere debba servire a salvaguardare e tramandare ciò che fa onore alle donne.
Parliamo di cibo perché, quando pensiamo al cibo, c’è sempre l’immagine di una donna che ne ha preso cura. E non si tratta dei piatti e delle specialità che oggi sono legati all’immagine della
Valtellina, ma di quelle preparazioni quasi del tutto dimenticate, fatte di ingredienti semplici e di quello che la terra produceva, in un’economia dove nulla
si buttava e anche con un piccolo avanzo si creava qualcosa di appetitoso.
Il nostro vuole essere uno sguardo sulla trama della quotidianità familiare; vuole scrivere, con ricordi vivi e intensi, un piccolo brano della lunga storia della vita domestica tra le valli alpine, dove il nutrimento era fatto anche di contenuti affettivi e simbolici, di ritualità e di tradizioni.